Questo articolo risale al 2002 e certamente da allora sono cambiate molte cose, soprattutto sul versante tecnico, portando la comunicazione virtuale ad un grado di consuetudine che nel 2002 era meno evidente. Molte considerazioni riportate nell'articolo sono però sostanzialmente valide ancora oggi, perciò ho preferito mantenere inalterato il contenuto dell'articolo, riservandomi in altra sede di pubblicare qualcosa di più aggiornato.
L'Ordine Nazionale degli Psicologi ha recentemente rilasciato le linee guida per le prestazioni psicologiche tramite Internet e a distanza (2004).
Alcuni Ordini (ad esempio quello del Lazio) hanno pubblicato un Codice di condotta per gli psicologi che operano su Internet (2004).
La psicoterapia virtuale on line, la consulenza - come qualsiasi altro servizio offerto dagli psicoterapeuti o dagli psicologi tramite Internet - sono quindi in fase di regolamentazione e validazione e, come è giusto che sia, ci vorrà un po' di tempo per definire appropriatamente limiti, potenzialità, e protocolli accettabili dalla comunità scientifica tali da divenire standard di formazione e garanzia per l'utenza virtuale.
Nel frattempo, tra osservazioni e sperimentazioni private o ufficiali, ricerche e soprattutto esperienze "in trincea", è sicuramente possibile delineare una serie di elementi interessanti sulla ipotetica formazione di base di uno psicoterapeuta virtuale.
Si tratta di requisiti secondo me molto importanti, se non necessari, per avere la possibilità di sostenere, iniziare e condurre, terapie (con tutta la cautela che occorre assegnare a questo termine, riferito alla virtualità) e consulenze on line.
Alcuni requisiti sono acquisibili tramite una specifica formazione progettata su misura, mentre altre peculiarità, a mio avviso, attengono alla personalità di base del terapeuta, alla comprensione profonda della novità del mezzo informatico e favoriscono notevolmente la comprensione specifica della dimensione virtuale.
E' facilmente immaginabile che la prossima generazione, sia per i clienti che per i terapeuti, sia molto più familiarizzata con Internet e con l'idea di un "aiuto a distanza", mentre oggi ci sono ancora notevoli diffidenze e non meno importanti sensi di confusione.
Questo scritto traccia, in modo teorico per adesso, le grosse linee entro cui dovrebbe rientrare, a mio avviso, la personalità e il saper fare di un buon terapeuta virtuale (quindi non di ogni qualsiasi terapeuta immaginabile).
Ecco dunque una lista, sicuramente non esaustiva e quindi ovviamente modificabile, dei requisiti di base di un terapeuta virtuale. L'ordine è del tutto casuale e per ogni punto esprimo un breve commento che vuole essere, come è giusto che sia, solo una traccia.
Requisiti del buon terapeuta virtuale
1) Vasta esperienza delle più consuete modalità di relazione virtuale. E' bene che prima di offrire un contatto on line il terapeuta virtuale abbia avuto sufficienti esperienze personali per la comprensione e l'uso di strumenti come email, forum, mailing list, chat in forma scritta, chat vocali, videoconferenze, giochi di ruolo, giochi multiplayer, ecc.
2) Linguaggio multilivello, appropriato e modellabile sul cliente virtuale. E' enorme la varietà sia dei tipi di linguaggio (dal "formale" al "metropolitano") sia del livello di capacità dell'uso della lingua scritta. Pertanto le capacità del terapeuta devono garantirgli una veloce adattabilità al cliente con cui interagisce.
3)Conoscenza appropriata della lingua scritta, con particolare riferimento alla punteggiatura, e una particolare capacità di usare lo strumento della pausa e della velocità di battuta per imprimere un maggior senso al messaggio. Aspetto essenziale nelle chat dove si può solo scrivere. La punteggiatura, le pause e le variazioni di ritmo permettono di raggiungere profondità maggiori nello scambio e inoltre riducono al minimo incomprensioni sul senso emozionale contenuto nelle frasi inviate, problema piuttosto frequente in Rete e causa di non pochi fraintendimenti.
4) Conoscenza approfondita della Netiquette (sistema di regole di comportamento virtuale) e dell’uso delle emoticons, (piccoli disegni rappresentazioni di vissuti emotivi ad es. faccina sorridente), sistema di trasmissione dei processi emotivi, ancorati al contenuto scritto. Il terapeuta deve conoscere cosa si aspetta l'utente medio in termini di comportamento e di "regole" convenzionali. L'esempio più comune è la non conoscenza della regola secondo cui se si usa il maiuscolo si sta "urlando", "protestando" e "aggredendo", suscitando nel cliente che riceve le nostre frasi un incomprensibile, per il terapeuta "ignorante", risentimento. Le emoticons in particolare permettono una più puntuale lettura dello stato d'animo dell'altro.
5)Capacità di direzione del dialogo virtuale, per il mantenimento di un giusto equilibrio espositivo e ricettivo. Un comportamento assertivo ed equilibrato riduce i rischi di un dialogo unilaterale, sterile ed inefficace. Va adoperato ogni qualvolta il cliente tenda a "dilagare" all'interno della comunicazione.
6) Notevoli capacità di “intuizione” dello stato d’animo della persona (disgiunto dalla propria risonanza interiore) e ottima “lettura” dello stile personale dell’utente. Lettura del "contenuto" e del "processo" della comunicazione del cliente. L'esperienza sembra suggerire l'esistenza di vari stili di comportamento virtuale. Il terapeuta deve saper riconoscere il tipo e leggere i significati "oltre le righe" del cliente. Deve inoltre saper riconoscere quello che è il proprio processo evocativo suscitato dal cliente rispetto alle caratteristiche proprie del cliente o comunque riguardanti lo scambio in atto. Inoltre non deve mai perdere di vista quelle informazioni (pause, velocità di scrittura, espressioni emotive, ecc.) che lo informino sul processo in atto tra le due parti.
7) Sufficiente padronanza del mezzo informatico, del sistema operativo in uso e di uno o più strumenti di dialogo virtuale (email, chat, videoconferenze), e una sufficiente capacità di risolvere i più comuni problemi tecnici riscontrabili in una sessione di dialogo virtuale. Benché non debba ovviamente risolvere problemi tecnici di media o grave entità, il terapeuta deve sapersi destreggiare riguardo banali inconvenienti tecnici e dunque deve approfondire le conoscenze, anche tecniche, degli strumenti che usa (per es. deve almeno sapere come resettare il sistema in caso di blocco e insegnarlo al cliente in caso di impellente necessità). Deve saper usare diversi tipi di strumenti di dialogo virtuale e, sebbene ne abbia alcuni che predilige, dovrebbe saper produrre prestazioni sufficienti in quasi tutti i tipi di chat richiesti.
8) Utilizzazione di mezzi tecnici stabili e aggiornati, dove la variabile lentezza di connessione sia ridotta al minimo o statisticamente trascurabile. E' senz'altro auspicabile che il terapeuta virtuale abbia un mezzo adatto all'uso che intende fare. Le interruzioni o le lentezze dovute a connessione sono un impedimento notevole, di difficile gestione, e una perdita notevole di tempo e di eventuale guadagno.
9) Buona capacità di utilizzazione di metafore, di dialogo evocativo, di uso di metafore comuni e assolutamente riscontrabili dall’utente. Soprattutto nelle forme scritte e nelle prime fasi di una conoscenza virtuale è bene possedere un linguaggio metaforico generalizzato e fare appello a sistemi comuni (per esempio metafore centrate sul pc), questo quando ancora non è possibile conoscere abbastanza bene l'ambiente "reale" del paziente, dedotto dalla somma delle sue comunicazioni. Nel contatto virtuale un terapeuta di una metropoli affollatissima può dialogare con un "eremita" immerso nella più solitaria campagna: fino a che non conosce e comprende il mondo del cliente, le sue vere fonti di stimolo e di interazione quotidiane, il terapeuta può e deve servirsi di metafore generalizzate o semplici induzioni evocative, onde evitare incomprensioni precoci derivanti da sistemi di riferimento diversi e fraintendimenti che possono inficiare il processo di attaccamento e consolidamento della relazione terapeutica.
10) Buona capacità di affrontare e risolvere la frequente sensazione, esperita dal cliente, di “poco tempo a disposizione”, ottimizzando la relazione e mantenendo i confini temporali prestabiliti. Da un lato riguarda l'autodisciplina, propria del terapeuta, necessaria per una buona gestione del tempo in Internet. Dall'altro va rivelato che la sensazione dello scorrere del tempo è modificata nello scambio virtuale, dilatandosi e restringendosi in modo imprevedibile a seconda del grado di profondità e di apertura in atto. Dunque è bene che il terapeuta sappia porre i confini alle sessioni di terapia virtuale e gestire in modo ottimizzato le aperture emotive, controllando il consueto "riflesso da abbandono", se possiamo chiamarlo così, che alcuni clienti avvertono alla fine delle sessioni di chat.
11) Adattabilità nel passaggio dal virtuale al reale, consapevolezza delle differenze e somiglianze. Alcune persone utilizzano la chat come ponte di contatto tra una interiorità inesprimibile e una realtà che per loro, al momento, non contiene "soluzioni" di sorta, con la conseguenza di sentirsi "condannati". Tramite il contatto con un terapeuta virtuale possono gradatamente essere aiutati a "scoprirsi" e aumentare l'autostima quel tanto che basta a dar loro la forza di farsi aiutare nel contesto reale. E' forse possibile in alcuni casi (parlo ora solo in linea teorica) favorire questo passaggio passando da una chat scritta, ad una vocale o ad una videoconferenza, per poi vedere il cliente nella realtà e far continuare il percorso terapeutico. In altri casi può accadere l'opposto (soprattutto per terapie di crescita personale, con minime patologie), cioè che dopo un contatto reale si possa scegliere una terapia utilizzando il canale virtuale. Non mi trovo particolarmente d'accordo invece per una terapia che alternativamente impieghi l'uno e l'altro canale, reale e virtuale, poiché si presta fin troppo facilmente all'uso collusivo delle resistenze della psicopatologia del cliente.
12) Buona capacità di mantenersi in equilibrio tra gli estremi di falsa intimità e falsa lontananza esperibili nelle primi fasi della relazione virtuale. La particolare proprietà del mezzo informatico, la "sicurezza" di un certo anonimato, la protezione emotiva dello "schermo", la tendenza a cancellare cognitivamente aspetti negativi del terapeuta e altre cose, fanno sì che ci si possa "aprire" in modo differente dalla modalità reale, dando luogo a precoci sensazioni di intimità e familiarità che sono tuttavia molto particolari e circoscritte al momento e all'uso del mezzo informatico. Allo stesso modo la possibilità di scrivere e rileggere - e correggere eventualmente - prima di un invio nel contesto di un dialogo virtuale, può portare all'impoverimento della spontaneità ed esperimento di una "lontananza" altrettanto differente dalla formalità della vita reale. Il terapeuta deve saper cogliere e distinguere questa polarità.
13) E' particolarmente attento a mantenere integro il valore etico della propria figura professionale, non partecipa a chat promiscue, non intrattiene rapporti commerciali o sessuali con clienti, neanche a livello virtuale. E' bene sottolineare questo aspetto. Oltre alle capacità, agli studi, alla personalità del terapeuta, è importante il modo con cui egli sostiene con dignità i valori della sua professionalità, evitando di essere manipolato e manipolatore. Disgiunge il suo eventuale "divertimento" virtuale personale dai momenti in cui adopera la propria professionalità. Per tali motivi non fa partecipare, come nella vita reale del resto, i propri clienti alla propria vita personale. In nessun caso, nel ruolo di terapeuta virtuale induce o accetta comportamenti, anche virtuali e meno che mai reali, che conducano a contatti di natura sessuale.
© Dr. Giuseppe Vadalà - 2002 - Il testo non può essere riprodotto né in parte né totalmente senza il consenso dell'autore