Con le ricerche sperimentali di Masters & Johnson (1964) la scienza è pervenuta ad una prima descrizione scientifica delle fasi di risposta sessuale. I due studiosi delinearono uno schema costante durante il rapporto sessuale. Descrissero, anche se in modo arbitrario, una serie di fasi relative allo stato di eccitazione dell’essere umano durante l’atto sessuale: eccitamento, plateau (stato di massima eccitazione), orgasmo e risoluzione. Con questa ultima fase si instaurava un periodo refrattario (di durata individuale e condizionato da diversi fattori, come per esempio l’età) che riportava il sistema allo stato basale e concludeva il ciclo.
Masters & Johnson individuarono, sulla base di questo schema, diverse variazioni della curva di risposta sessuale.
Solitamente l’uomo presenta un certo tipo di evoluzione, come rappresentato in figura 1.
Fig. 1
La donna, come si evince dalla figura 2, può seguire dei ritmi e delle modalità differenti: nella prima (1) all’eccitazione segue il plateau che prelude ad un orgasmo, il quale, anziché terminare nella fase di risoluzione, riporta il sistema alla fase di plateau, rendendolo disponibile per un eventuale altro picco orgasmico. E’ questo il caso delle donne che possono provare orgasmi multipli. In un’altra variazione (2) si ha una situazione in cui l’eccitazione porta alla fase di plateau, dove la donna vi resta con piccole oscillazioni senza mai variare verso il picco orgasmico. La terza variazione (3) ricalca sostanzialmente la risposta maschile: rapido innalzamento dell’eccitazione, plateau più o meno lungo, orgasmo e risoluzione.
Fig. 2
Queste curve differenti sono tutte “normali” e persino la stessa donna può presentare talora l’una talora l’altra curva, in base a vari fattori che possono intervenire in alcune situazioni e durante l’arco della vita.
E’ importante sottolineare che Masters & Johnson ritenevano che la fase di eccitamento iniziale fosse dovuta ad un numero disparato di fonti, trascurando così di approfondire compiutamente la fase del desiderio. Per quanto più difficile da cogliere e descrivere in termini fisiologici, il desiderio precede e accompagna tutto il processo del rapporto sessuale.
Sarà Helen Kaplan (1997), studiosa austriaco-statunitense, ad inserire questa importante fase come stadio preliminare di un ciclo trifasico di risposta sessuale formato da due altri momenti:
- eccitazione, fase di reazione vaso congestizia;
- orgasmo, fase di contrazioni muscolari cloniche riflesse.
La prima di queste, sostenuta dal sistema nervoso autonomo parasimpatico, provoca l’erezione del pene e la lubrificazione della vagina; la seconda, attraverso l’ortosimpatico, determina la fase delle contrazioni orgasmiche.
I modelli di Masters & Johnson e della Kaplan sono considerati “lineari”, poiché si considerano suddivisi in fasi che si succedono e che terminano con la conclusione del rapporto sessuale. Parallelamente è stato proposto un modello cosiddetto “circolare” da Whipple (1997), il cui elemento innovativo consiste nella considerazione della fase postorgasmica, chiamata “riflessione”. In tale fase si ha un’elaborazione della qualità dell’esperienza avuta e in tal modo si predispone il successivo avvio della fase di desiderio, rendendo così circolare il modello.
In seguito, un’altra autrice, Rosemary Basson, arriva a proporre un nuovo modello di risposta sessuale, che per un certo periodo di tempo diverrà il modello “normativo”. Basson osserva che il desiderio può precedere la fase dell’eccitazione, ma può anche seguirla, come se fosse l’adeguata stimolazione a dare l’avvio al desiderio vero e proprio di avere un rapporto sessuale. Prima della fase di eccitazione, invece, individua un altro fattore che è coinvolto nell’intero processo: la motivazione.
Una donna può quindi non avere desiderio, inteso come spinta pulsionale, come “fame”, ma essere motivata e dunque porsi in modalità ricettiva positiva per un rapporto sessuale. Le motivazioni che possono spingere la donna ad entrare in questa disponibilità possono essere molteplici: bisogno di intimità, di conferma, altruismo, gratitudine, ecc. Ciò che è importante è che la donna, una volta disposta al rapporto sessuale, pur senza un desiderio diretto, può accogliere un’adeguata stimolazione sessuale che produce una iniziale eccitazione e, ben presto, sviluppare un chiaro desiderio sessuale, capace di amplificare l’eccitazione e permettere il pieno rapporto sessuale.
Dunque, con Rosemary Basson, abbiamo due “porte di ingresso” nelle fasi di risposta sessuale: il desiderio sessuale pulsionale biologico e la recettività motivazionale. Nel primo caso si ripercorre la curva che conosciamo, dove il desiderio anticipa e corrobora l’eccitazione, nel secondo caso abbiamo l’opposto: il desiderio segue l’eccitazione.
La recettività non è esclusiva della donna: anche l’uomo può presentare, sebbene in misura minore, la modalità recettiva in luogo di quella pulsionale.
Anche la fase dell’orgasmo femminile viene rivista: non è più strettamente necessario per ottenere una soddisfazione dal rapporto sessuale. Benché l’orgasmo sia sicuramente il picco del piacere, può esserci una situazione, assolutamente normale, nella quale la donna sperimenta un senso di benessere e soddisfazione indipendentemente dal raggiungimento dell’orgasmo.
Il senso di benessere è importante, perché la fase che rende circolare il modello è proprio questa: una sensazione di appagamento, di riuscita, di benessere e di efficacia porta alla considerazione dell’esperienza sessuale appena compiuta come positiva. Tale condizione può essere considerata la premessa per l’inizio di un secondo ciclo di risposta sessuale. S’intende con ciò dire che nel momento in cui ci si avvicina alla condizione di effettuare un rapporto sessuale conta l’elaborazione con cui si è conclusa l’esperienza precedente, la quale avrà lasciato un senso di benessere o di malessere, tale da favorire o inibire la disposizione verso il nuovo rapporto sessuale.
Alcune ricerche hanno cercato di mettere in rapporto i tre modelli di risposta sessuale qui descritti e definire quale possa essere definito “normativo”. Dai risultati si evince che le donne si suddividono in gruppi numericamente simili (intorno al 30% ciascuno), ognuno dei quali sceglie un modello differente (con un 10% che non si riconosce in nessuno dei tre). Non c’è pertanto un modello migliore o peggiore, anche se sembra che il modello proposto da Basson sia prevalente nelle donne che lamentano con più frequenza la presenza di una disfunzione sessuale.